Sotto Adriano si assiste anche ad una ripresa dello scetticismo. Luciano fu uno degli esponenti della cosiddetta Seconda Sofistica: egli si serve della filosofia per attaccare la filosofia stessa, che egli accusa di astrattismo, infatti invece di risolvere, o comunque provare a farlo, i problemi della vita reale, si è sempre arroccata in sistemi lontani anni luce dalla realtà, privi di qualunque valore pratico. Luciano si rivela abilissimo nel ridicolizzare i “filosofi” dell’epoca (nessuno ha mai visto uno stoico non soffrire o non cedere alle passioni), però poi è incapace di proporre delle alternative, per questo motivo la sua filosofia è una filosofia distruttiva, a meno che non si assuma che il suo pensiero consista nel non avere opinioni particolari. La polemica di Luciano nei confronti della filosofia trae spunto anche dalla sua sostanziale inutilità, infatti non ha risolto alcuno dei problemi che si è posta, ha quindi generato soltanto confusione, molto più tardi Bobbio affermerà che forse compito della filosofia è appunto non tanto quello di risolvere problemi quanto quello di evidenziarli. Tuttavia egli, consapevole o no, sta filosofando, rendendo onore all’assunto aristotelico dell’impossibilità di non filosofare.
Nell’Ermotimo egli chiarisce il suo rifiuto delle filosofie dogmatiche, infatti per poter scegliere consapevolmente fra una filosofia e un’altra sarebbe necessario conoscerle tutte e questo non è possibile per via del poco tempo a nostra disposizione, bisogna quindi continuare a ricercare la verità, ma sospendere per il momento l’assenso ad una dottrina precisa.
Le divinità non sono altro per Luciano che la trasposizione sul piano universale di quello che l’uomo vive quotidianamente, abituato quindi alle differenze sociali, alla divisione in padroni e schiavi, l’uomo non avrebbe fatto altro che rendersi schiavo anche sul piano della natura.