Ormai da parecchio tempo esisteva e circolava l’Antico Testamento, che secondo gli ebrei era stato scritto da Mosè ed ispirato direttamente da Dio. Per i giudei colti, così come in seguito per i cristiani colti, si pose il problema del rapporto esistente tra i metodi e le verità filosofiche e quelle rivelate. Nell’ambito della cultura alessandrina la risposta più articolata fu data da Filone, il quale afferma che i testi sacri sono gli stessi testi a cui i filosofi si sono ispirati, emerge per la prima volta la teoria del plagio dei filosofi.
Nella sua opera esegetica Filone usa il metodo allegorico, basandosi sull’assunto che un testo ha due significati, ossia la lettera e lo spirito, quest’ultimo è il più autentico dei due. Percorrendo questa via egli trova enunciata nella bibbia una dottrina dell’essenza di Dio, presentato come unico e trascendente. La miglior definizione di Dio la da Dio stesso a Mosè quando dice “io sono colui che è”, frase interpretata da Filone col fatto che la natura di Dio non è quella di essere nominato.
Tra Dio e il mondo Filone colloca diverse potenze che svolgono una funziona intermediaria, la maggiore di queste è il logos, che egli chiama anche “primogenito”, anche se non si capisce se è un entità autonoma o creata da Dio stesso, esso è il luogo dove risiedono tutte le idee, che svolgono il ruolo di modelli per la creazione del mondo. Non bisogna però confondere il Dio cristiano con il Demiurgo di Platone: il Dio cristiano crea la materia da sé, il Demiurgo invece si limitava a plasmarla secondo le idee.