Arianesimo

Nei primi decenni del IV secolo, Ario un prete di Alessandria avanza la tesi che l’unità di Dio sia inconciliabile con la trinità. Il figlio pertanto non è dio come il padre, è la sua prima creatura e il tramite per la creazione del mondo, ma non è dio. Di conseguenza neanche l’incarnazione e la resurrezione si possono considerare eventi divini e non è attraverso la Chiesa che si attua la redenzione. Ario negava la consustanzialità, ovvero la corrispondenza di sostanza tra il padre e il figlio, a differenza di come sosteneva l’ortodossia cristiana ai tempi di Ario che vedeva nel Dio padre e nel Dio figlio due entità distinte ma con la stessa essenza.

Contro Ario scese in campo Atanasio, il quale invece sosteneva l’unicità e la trinità di Dio, questa tesi uscì vincitrice dal concilio di Nicea e l’arianesimo venne etichettato come eresia. Gregorio di Nazianzo precisò in seguito che se una è la sostanza divina, tre sono invece le persone divine: il Padre è ingenerato, il Figlio è generato e lo Spirito procede dal padre.

Tuttavia l’arianesimo sopravvisse anche alla condanna del concilio di Nicea.

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