Eraclito visse ad Efeso tra il VI e il V secolo. Veniva da una famiglia aristocratica e aristocratico restò il suo modo di pensare. Eraclito presenta infatti la sua filosofia come non comprensibile dalla massa, ma accessibile soltanto ai migliori, viene infatti considerato il pensatore oscuro per eccellenza e all’interno del suo trattato, “sulla natura”, conservato secondo la tradizione nel tempio di Artemide proprio perché ritenuta l’unica collocazione all’altezza dello scritto, non mancano parole ambigue.
Anche per Eraclito la realtà era governata da un unico principio, questo principio per lui era il logos, termine che in Eraclito assume tre significati: a) la ragione che governa l’universo, b) il pensiero che comprende questa ragione universale, c) il discorso che è in grado di esprimere questa conoscenza (ossia il discorso che Eraclito consegna al suo scritto). Eraclito afferma che ci deve necessariamente essere una ragione che governa, è il logos quindi fa funzionare l’universo, e il logos cosmico non è diverso da quello presente nella nostra mente, altrimenti non si spiegherebbe come mai quello che pensiamo allo stesso tempo esiste. È quindi partendo da questo frammento di logos presente in noi che possiamo arrivare a concepire il logos cosmico. Tutti partiamo con le stesse possibilità, tuttavia soltanto i migliori riusciranno nell’impresa. Eraclito a questo punto fa una distinzione fra svegli e dormienti, dormienti sono coloro che non ci riescono o addirittura neanche ci provano.
Egli identifica questo logos con il fuoco, con questo paragone egli intende insistere sul comportamento del fuoco: il fuoco non è mai fermo, non è mai uguale ad un secondo prima, tuttavia questi mutamenti non avvengono in maniera casuale, ma secondo un preciso ordine. Allo stesso modo, la mobilità del tutto non è soggetta al caos, ma ad un ordine preciso, non si tratta quindi di un caotico alternarsi di opposti, ma di un susseguirsi armonico di questi. Eraclito, in proposito, affermerà che “l’armonia nascosta è superiore di quella visibile”, discostandosi in questo da Anassimandro che nella lotta fra gli opposti aveva visto solo la causa del disgregamento del tutto.
Così Eraclito finisce con l’esaltare la guerra, e in questo sarà ripreso perfino da Hegel, dicendo che “Polemos è signore di tutte le cose”, poiché l’armonia può esistere solo finchè gli opposti sono in tensione fra loro, ed è grazie a questa opposizione che si genera l’incessante divenire della realtà, che altro non è che il continuo passaggio da un opposto ad un altro.
Per questo motivo Eraclito viene spesso indicato come il filosofo del divenire, filosofia riassunta nella celebre espressione “panta rei”, che significa “tutto scorre”. Anche se effettivamente non si trova questa espressione in nessun frammento di Eraclito, tutta via la si può desumere da celebri frammenti quali “negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo” oppure “per coloro che entrano negli stessi fiumi, altre e sempre altre scorrono le acque”, che da un lato vogliono ovviamente esprimere il continuo fluire della realtà, ma dall’altro esprimono la continua compresenza degli opposti.