Musonio Rufo

Nel quadro dello stoicismo romano si inserisce anche la figura di Musonio Rufo (vissuto tra il 30 e il 102 d.C.), anch’egli mandato in esilio. Egli riprese parte della dottrina Socratica e cinica, il cinismo venne molto apprezzato dal neostoicismo tant’è che anche Seneca tessé le lodi di Diogene.
Il metodo di Musonio era un metodo semplice, egli infatti asseriva che il filosofo non dovesse dilungarsi in lunghi discorsi per trasmettere i suoi insegnamenti, anzi dovesse esprimersi con massime facilmente comprensibili.
Secondo Musonio la teoria precede cronologicamente la pratica, tuttavia non ha la stessa importanza, infatti è soltanto quando le conoscenze sono messe in atto che si raggiunge effettivamente un qualche risultato, in questo si può vedere una qualche somiglianza con Socrate, il quale proponeva la filosofia come modello pratico di vita.
Un uomo quindi oltre ad allenare l’anima a sopportare il male, deve anche di conseguenza allenare il corpo a sopportare le fatiche e le difficoltà che inevitabilmente ne conseguono, anche perché comunque spesso le virtù si servono del corpo. Bisogna quindi anche privarsi di ciò che è superfluo, contribuendo in questo modo al processo di assimilazione alla divinità, infatti la divinità non ha bisogno di nulla, quindi chi si vuole rendere più simile a lei deve comunque aver bisogno di poco.
Riprendendo una tesi già elaborata da Platone nel Gorgia, egli afferma che è meglio subire un ingiustizia piuttosto che commetterla, essendo uomini infatti dobbiamo sempre tentate di non fare del male agli altri uomini e se ne riceviamo dobbiamo sempre comunque essere pronti al perdono, per questo motivo egli sarà apprezzato dai primi cristiani.
Altro aspetto fondamentale del suo pensiero è il cosmopolitismo, in questo modo egli si rende meno amaro l’esilio, in quanto il vero esilio non si può verificare, poiché patria dell’uomo è il mondo intero.

Questa voce è stata pubblicata in Filosofi, Filosofia Antica. Contrassegna il permalink.