Porfirio

Porfirio porta avanti le indagini condotte dal maestro Plotino.

Il suo scritto più famoso è l’Introduzione alle categorie di Aristotele, noto anche come Isagoge, dal greco eisagoghè, introduzione. In essa egli prende in esame i termini genere, differenza, specie, proprio e accidente e analizza il problema dello status ontologico degli universali senza però tuttavia prendere una posizione, bensì soltanto elencando le varie alternative possibili.

Egli tende ancora di più a sottolineare come non esista alterità tra l’Uno e il Nous, infatti l’alterità è sempre in relazione a qualcos’altro, quindi non può essere propria dell’Uno.

La maggiore distanza dal maestro è nel riconoscimento della validità della teurgia, letteralmente “operazione sulla divinità”, una pratica che consisteva nell’evocazione della divinità in un oggetto materiale che può essere una statua o una persona la quale si viene a trovare temporaneamente in uno stato di trance profetica, egli afferma che la teurgia è più utile della filosofia per la gente comune, ma che il filosofo può benissimo farne a meno. Allo stesso tempo egli nega la validità di preghiere e pratiche magiche, poiché queste possono operare sulle cose sensibili in quanto tutte collegate fra loro, ma la divinità non è soggetta alla simpatia.

Le critiche di Porfirio alla religione sono indirizzate soprattutto contro il cristianesimo, religione che si stava diffondendo velocemente e nei confronti della quale era necessario agire velocemente. Egli riprende con buona probabilità il Discorso vero di Celso, di cui non ci è giunta alcuna traccia ma che possiamo ricostruire dalla risposta che qualche secolo dopo gli darà Origene. Nello scritto di Celso era condannato il proselitismo cristiano che mirava a fare adepti fra gli ignoranti, spingendoli così a ribellarsi ai sapienti, mentre sul piano più propriamente teorico egli condannava l’assurdità dell’incarnazione sulla base della svalutazione del corpo che era stata fatta dal neoplatonismo. Porfirio riprende appunto le critiche di Celso rifiutando ogni forma di antropomorfismo e rifiutando che l’azione di Dio potesse essere volontaria, così da escludere la possibilità dei miracoli.

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